Educare al piacere di usare le mani – LIBRO SUGGERITO

Per coloro che lavorano nell’ambito della promozione del gioco e della manualità ludica e creativa credo che sarà una gradita lettura quella del libro di Gabriella Falcicchio dal titolo “Educare al piacere di usare le mani”, edito da Fasi di luna, del 2019.

Il contenuto si accomoda in una semplice pubblicazione in formato “quaderno” di 42 pagine, e risulta veramente coerente con il suo sottotitolo:  “Riflessioni pedagogiche e progettazioni educative sulla manualità nella scuola (e non solo)”, in cui teoria e buone prassi sono associate.

Nella prima parte del libro, l’autrice svolge un sapiente e discorsivo trattato sull’oggetto in esame, appunto la manualità a partire dal suo pregiudizio  – tutt’ora presente – sul lavoro manuale rispetto a quello intellettuale.
Dopo una disanima delle ragioni del perchè esiste – ed è duro da eradicare – si muove sugli ostacoli che la pratica del fare con le mani incontra nell’affermarsi con pieno diritto e dignità, di essere presente con pieno valore e significato tanto nel sociale quanto nella scuola.
Ed  infine la trattazione si apre ad una serie di linee guida, utili ad indicare agli educatori come fare entrare dalla porta principale quanto di solito è relegato a “lavoretto”,  o nei sotto tempi e pieghe di ciò che è nel piano dell’astratto.

Nella sua seconda parte, correlato da immagini, trova descrizione un progetto educativo dal titolo “Giochi di fili”, che è stato svolto nella scuola dell’infanzia, ma che potrebbe bene svilupparsi nella primaria, e secondo me e con i dovuti aggiustamenti, anche negli ordini superiori.

In generale, il testo mi ha personalmente coinvolto in una riflessione a più ampio raggio, permettendomi di rievocare e puntualizzare alcuni elementi della pratica dell’insegnamento e della ricerca sulla costruzione del giocattolo.
In questa pratica “le mani sono tutto”, ed è attraverso il loro operoso fare che – sia che si insegni in modo induttivo e sia che lo si faccia in modo più trasmissivo (ponendosi come modello di riferimento da copiare), ponendomi come modello – i contenuti di relazione che passano non si fermano mai solo a ciò che si vede, dal trasformare il materiale per assemblarlo meglio al risultato ottenuto.
In questo “attraversare” vi sono incognite che l’adulto deve saper affrontare ponendosi dal punto di vista di chi sta apprendendo  mettendo in pratica in presa diretta e che solitamente-  e grazie ed in merito al consolidato pregiudizio – ha poca o nulla esperienza nell’suo di semplici strumenti , quelli che Gianfranco Zavalloni ricordava come strumenti della manualità.
Spesso si ritrova la paura di sbagliare e che questo conduca ad una impossibilità di rimediare
All’adozione di differenziate modalità di mantenere gli strumenti rispetto a quelli tipici della mano di un adulto, addestrata e più grande e forte.
La frenesia di voler arrivare in fretta al risultato, senza gustarsi il viaggio, fatto dal piacere di imparare i  dettagli e di provare ad applicare i suggerimenti, di osservare quello che stanno facendo i compagni di banco, di mettere da parte procedure per adottarne altre che si osservano più efficaci.
La difficoltà di saper descrivere verbalmente quello che sanno o non sanno fare le mani, e con esso il grande potenziale che ne deriva dal poter efficacemente ampliare il dizionario di base e specialistico verso l’assimilazione di nuovi nomi di oggetti, qualità e azioni.
A questa competenza nel descrivere ciò che è l’esperienza del fare, che si esplica nel qui e ora, si associa una straordinaria  richiesta di competenza nell’orientarsi nello spazio minuto. Cioè di tutto quel linguaggio verbale e non che serve a fare comprendere a sè e agli altri cosa succede intorno a sé mentre

si svolge l’azione, come gli elementi sono tra loro in rapporto nello spazio, di come le mani, lo strumento, il materiale, la base di appoggio vengono ad interagire tra di loro.
Che ha come prima conseguenza l’incremento della conoscenza delle qualità dei materiali e degli strumenti, come anche dei propri limiti e potenzialità.
Arrivare ad un risultato che funziona e che diverte, questo alla fine di tutto è il giocattolo, a cui aggiungervi eventuali segni di presenza, la personalizzazione con la decorazione, concorre incredibilmente a costruire una maggiore confidenza in se stessi/e, la molla per non spegnere la curiosità e il desiderio per affrontare i cambiamenti.
Troppe volte ho visto bambini/e arrendersi e chiedere di “essere sostituiti nel fare”, cioè di andare oltre la richiesta di un supporto perché non si riusciva a completare un’azione per mancanza di forza, abilità, precisione … era più un abbandono del sé di fronte al problema, una rinuncia ad esserci nel qui ed ora comunque sia.
E’ forse questa la più delicata delle questioni da saper affrontare ogni volta in maniera consona all’individuo che si ha davanti, ciò che richiede più riflessione e alla fine ciò che forse fa più eco dentro di sé.

Il quaderno si apre con una introduzione centrata sulla costruzione del pregiudizio che vede “ … il lavoro manuale perdere  progressivamente spazio e senso. Per quanto esso solo in parte sia stato sostituito dal lavoro non manuale, la meccanizzazione e poi la digitalizzazione del mondo … erodono l’area dell’azione che plasma con le mani gli oggetti allargando il solco, già ampio, tra attività intellettuale (considerata)  nobile, alta, elevata, superiore, e l’attività pratico manuale (considerata) vile, bassa, inferiore, anche perché associata ad un pregiudizio duro a morire … alla povertà, alla fatica, allo sfruttamento e all’esclusione sociale.”

Segue un’affabile e nello stesso tempo semplice descrizione del processo che porta l’abilità manuale al  suo declino per varie cause e che, con l’avvio della post modernità, trasforma ciò che era professione in attività alternativa, poi in hobby, ricreazione, attività di rigenerazione, educativa se non terapeutica, portando la manualità ad essere usata “sempre meno e sempre peggio”.

Circoscrivendo il problema alla scuola che … “reitera e aggrava con suo impianto strutturale di contenuti disciplinari espliciti e col suo curriculum nascosto ( … ) quel solco tra mente e corpo che non sta facendo per nulla bene alle nuove generazioni. La storia è vecchia, certo. Ma oggi è molto più grave.”

A questo punto l’autrice si preoccupa di fornire una serie di “… linee guida di massima per riflettere a scuola sulla manualità/sensorialità e rimettere questa dimensione in un circolo virtuoso di pratiche felici.” ed è su di essi che si innesta la mia riflessione circoscritta alle attività ludico creative votate a promuovere il gioco ed il giocare costruendo giocattoli.

Segue la descrizione puntuale e per tappe del progetto educativo svolto in una scuola dell’infanzia, con dito di osservazioni sui risultati osservati e conseguiti.

DUE APPUNTAMENTI

Gabriela Falcicchio sarà ospite alla Ludo Summer School 2022, tenuta alla Masseria La Fiorita di Matera, con un momento dedicato tutto a lei e al suo soggetto preferito di ricerca: la non violenza e l’educazione.
Ed è già tata prenotata per un convegno online che verrà prima di Pasqua 2023, tutto dedicato alla “Manualità ludica e cre-Attiva”, nei suoi aspetti di sviluppo secondo il sapere medico e neuro fisiologico, agli aspetti psico-pedagogici e sociologico, con l’arricchimento del racconto e divulgazione di buone pratiche portate da esperti del settore della scuola e dell’animazione educativa extra scolastico.